lunedì 8 dicembre 2014

Picked Up

(per metallari)


Praticamente questo tizio e suo fratello hanno trasformato il metal in quello che tutti avevano in testa ma non sapevano come realizzare, perché servivano troppa tecnica, troppa produzione e troppa banda per fare questi mattoncini di granito di powerchord ipersaturi impastati con cassa frustante che facevano i Pantera. 
L'idea era di rallentare il passo, parecchio, perché pensavano che tutti noi in fondo volessimo martellate bestiali sulle nostre incazzature represse, che ne bastassero tre in cinque minuti per ridurre tutto in sabbia, piuttosto che quelle becchettate isteriche da picchio, tipo  Kreator, che dopo quindici anni forse ne avevano scalfito un mattone. 
Era la faccenda del grip: tutti nel thrash acceleravano a pisello su una lotus da 300 kg, i Pantera invece scalavano in seconda su un pickup truccato da due tonnellate, lasciando mezzo pneumatico sull'asfalto.  Nessuno ha più suonato uguale, dopo vulgar display of power. Neanche i metallica, che pure avevano più o meno inventato il movimento. 
Poi però arrivava il solo e improvvisamente tutta questa potenza trattenuta e tutto questo grip si liberavano, e chi è abituato a questo suono e non lo legge come rumore bianco saprà riconoscere con quanta grazia e quanti riccioli Dimebag si librasse sul pezzo, tipo gli uccellini che vestono Biancaneve fischiettando (se sostituisci a Biancaneve Tetsuo che spara missili dal cazzo, naturalmente).  Assoli senza troppe figure ricorrenti: scritti, pagine e pagine di sessantaquattresimi rigorosamente armonizzati; stava tutto dentro la partitura, anche i fischi, non c'era caciara, c'era controllo del furore. La differenza tra una rissa a bottigliate tra hooligans ciccioni birraioli™ e il campionato mondiale di karate. 
Dimebag e suo fratello Vinnie per fare sta roba avevano preso un cantante hardcore formidabile che però era anche un tossico borderline da pere negli occhi, vittimista, narciso e disgraziato. Ci litigarono, si divisero; un hooligan ciccione birraiolo™,  ritenendoli responsabili dello scisma, salì sul palco durante un concerto della loro nuova band, sparò a Vinnie e a Dimebag, ferendo il primo e uccidendo il secondo (esattamente dieci anni fa).    

("Non ho mai più avuto amici come quelli che avevo a 12 anni. Gesù, ma chi li ha?")

sabato 8 marzo 2014

Agip prot


Il contatore dei soldi e il contatore di litri sul distributore. È come se avessi sui piatti un disco gabber e uno raggamuffin e il tuo portafogli fosse il dj.
Quello sopra va veloce come uno di quei clip sparatissimi, con tre quattro inquadrature al secondo, tipo il vecchio spot della nike. Ci vedi, girati e montati benone: burocrati col riporto che bloccano imprese che hanno modificato la curvatura dell'apostrofo di un pezzo della loro insegna, vigili urbani che si tirano su i pantaloni acchiappandoli per la fibbia della cintura prima di entrare gratis al cinema, petrolieri che non riescono a collegare il pc con le slide al videoproiettore, deputati che chiedono una nuova miscela di caffè al barista della buvette, camionisti che caricano le puttane nel rimorchio che tanto è vuoto, broker che comprano monte dei paschi anche se solo con sorgenia sta fuori di seicento milioni e mo' la ricapitalizza comunque, pompei che si sgretola come una meringa e nessuno del personale si fa male perché invece il muro del bar di fronte è in sicurezza, il maestro di siracusa che non gli tornano le sillabe di mat-te-o ren-zi ma tanto sti-caz-zi l'importante è che passi il con-cet-to, il ferro arrugginito fuori dai piloni delle case a picco sul mare nella locride, l'assessore che fattura alla regione un delfino di  murano da mettere accanto al dalmata di capodimonte nello scannatoio intestato a uso ufficio alla moglie che non c'è mai stata ma si fida, la pioggia che allaga l'interrato dei garage di caltagirone due mesi dopo l'inaugurazione, le stanze vuote dei palazzi affittati dallo stato per non metterci niente che non sia muffa, niente di vivo che non sia muffa, il sito di trenitalia che s'impalla quando hai quasi finito, il sito del comune che per accedere devi chiedere un pezzo di password numerica, estrarre la derivata, copiarla su un bigliettino, portare il bigliettino sul monte amiata, farti colpire da un fulmine e allora ti danno anche l'altro pezzo di password e a quel punto entri e c'è un numero di telefono scusate stiamo lavorando per voi, il bar della siae che c'ha solo le patatine montebovi perché perfino la luisona ha preso e se ne è andata, irpef, irap, tasi, tares, imu, iva, ivie, ivafe, canone rai che manco vale un acronimo ma vale anche sul videocitofono perché l'altro giorno ti ha citofonato marzullo, il bar della rai coi cordon bleu con la fetta di prosciutto che sembra la lingua di un cocker, l'imprenditore con venticinquemila euro di crediti verso lo stato e duemila di debiti che cassintegra l'operaio e l'operaio che guarda il suo stesso cantiere vuoto insieme a suo padre che poi lo porta a pranzo perché c'ha la pensione retributiva, Mazzini che celebrava fica, poesia e giovinezza, Napolitano che celebra la lapide di Mazzini, gli studenti di ingegneria informatica che programmano in cobol perché 'parte tutto da lì', gli studenti dell'ultimo anno di liceo che si fermano all'Unità d'Italia perché è bello chiudere a lieto fine, gli assessori che comprano derivati coi soldi del comune e poi però ti mettono in guardia dai bitcoin perché non si sa se sono sicuri, il secco residuo  nei parchi, nei cassonetti, nel bitume delle autostrade, nell'acqua, nei bagagliai delle macchine dei cittadini dei comuni con la raccolta porta a porta, i meccanici pieni di fiat, le vecchiette che sparpagliano le bollette sul tavolo davanti a ruotolo, la natalità che scende, la mortalità infantile che sale, la disoccupazione che sale, l'inflazione che scende, l'export che sale, i tedeschi che brindano col Cartizze ai moniti della bce, il tempo che passa, cracco che urla, le lancette che girano, il piatto che non è ancora finito ma bisogna impiattarlo, la costituzione più bella del mondo anche se mo' leggo quella del botswana e vi dirò, il tricolore che a ben guardare verde e rosso messi insieme giusto noi e il camiciaio di formigoni.
50 euro, 29 litri di gasolio, riparti, schiacci il pedale, fuori dal finestrino il paese si muove.


mercoledì 27 febbraio 2013

sPleen D.



Ok, il pd è in disgrazia. Però non disperiamo, perché (1) Bersani non se ne va, e (2) è pieno di energie. 

Va beh, vai, worst case scenario: diciamo che gli capita qualcosa, tipo che accende per errore un sigaro col botto o che gli spinano un chinotto scaduto o che gli tirano il boccino sul terzo occhio oppure che gli riconsegnano il loden appena uscito dall'asciugatrice e si ustiona tutto o che gli rimane impigliato il cravattone nel ciclostile. E deve farsi un po' di clinica privata. 

Anche lì non sarebbe grave, perché a quel punto (3) il comando lo prenderebbe qualcuno tra D'Alema, Fassina, Bindi o Letta. Qualcuno, insomma, capace di: 
  • onorare le istanze della cgil rassicurando la Fiat e le grandi banche sul fatto che verrà cacato il cazzo solo alla piccola e media impresa.
  • rispondere alle domande angosciate dei precari che no, grazie, D’Alema ha già un iphone e non vuole quello di fastweb, e comunque le passo mio marito.
  • aprire ai gay tranquillizzando i cardinali che non si troveranno mai in una stessa stanza con loro, almeno non con la luce accesa. 
  • rispondere alle assurdità macroeconomiche di Grillo e microeconomiche di Berlusconi con un rivoluzionario progetto di assurdità medioeconomica. 
  • nazionalizzare le banche trasformandole in poste e privatizzare le poste trasformandole in banche. 
  • trasferire Penati in un'altra diocesi.
  • ridurre il cuneo fiscale grazie all'introduzione della zeppa irap. 
  • arginare il conflitto d'interessi con una severa tripletta di editoriali di Curzio Maltese: uno che cita Moretti, uno che cita Battiato, uno che cita la sequenza di ‘Palombella Rossa’ in cui tutti cantano ‘E ti vengo a cercare’. 
  • avvalersi dell’apporto di Renzi, Farinetti e Baricco purché Baricco impersoni Renzi, Renzi Farinetti e Farinetti distribuisca Puzzone di Moena per tutti, che col dolcetto d’Alba, diobò, fa il suo. 
  • sviluppare una nuova politica culturale che garantisca a Bellocchio di poter continuare a dipingere i suoi affreschi degli anni del movimento studentesco, sì,  ma che permetta anche a nuovi autori giovani di raccontare liberamente - come li vedono loro e senza doversi confrontare con le tenaglie del mercato - gli anni del movimento studentesco.
  • far decidere le politiche giovanili al padre di Ingrao per lasciare ai giovani il tempo di denunciare casi di cooptazione, familismo e corruzione in seno alla dirigenza degli altri partiti, facendo i nomi e i cognomi.  Come quello di Babi Ichino, che a soli 2 anni ha il passeggino Stokke mentre i figli dei precari vanno a piedi, ‘sto stronzo. 
  • costituire una piattaforma programmatica che sappia dar voce alle necessità di quella parte della base sociale che non si riconosce necessariamente nel paradigma dicotomico proprio dei radicalismi giacobini, ma che sappia al contempo sintonizzarsi con le esigenze di rivalsa di una nuova fetta di elettorato che cerca risonanze palingenetiche che se te vanto te scaveso ‘n quatro tochi che no ghe capisi un casso e 
Se pure la situazione dovesse essere più seria, e cioè se D’Alema, Fassina, Bindi e Letta non dovessero riuscire a decidere il più indicato tra loro a guidare l’allegra macchina da guerra, allora (4) potrebbe concretizzarsi uno scenario più radicale: lo scioglimento del PD e la nascita di due partiti. 

Ma non, come tutti potrebbero pensare, uno coi cattolici e uno coi laici o uno coi socialisti e uno coi liberisti o ancora uno coi dalemiani e uno coi renziani. No, il PD si scioglierebbe in due partiti entrambi dotati di laici, cattolici, socialisti, liberisti, dalemiani e renziani. Questo perché non saranno mai due diverse visioni della società a dividere il PD: il PD può essere diviso soltanto da due visioni diverse del PD. 

Nascerebbero così il PDD, più democratico e veloce, centrocentrosinistra, e il PPD, più apparato, più partito, centrosinistrasinistra. Ecco, anche succedesse questo niente paura: ‘sti due partiti qua saprebbero, in caso di elezioni, stringere tra loro alleanze elettorali basate su convergenze programmatiche e piattaforme comuni volte a lorem ipsum dolor sit amet, consectetuer adipiscing elit

E a quel punto, di nuovo riuniti sotto un simbolo comune, seri, severi, grigi, fieramente ostili a qualunque scimmiottamento delle campagne altrui - tutte rozzamente incentrate sul solleticamento dei sogni dell’elettorato - i vertici potrebbero stare tranquilli. 

Perché (5) sotto un certo livello, quello necessario e sufficiente per la sopravvivenza di quei dirigenti, il PD non scende mai. E questo ha il sapore di un miracolo. Sentiamolo narrato da G.C., uno che si firma così perché pensa che gli basti per scimmiottare Kafka. 

Solo nell’urna ho visto i simboli di dandy e magistrati, capipopolo e poeti . E ho fantasticato. Ci ho poggiato perfino la matita,  su uno di quelli. Ma la matita (che non ho capito perché fosse bagnata ma vabbè), tremante come di rabdomante la bacchetta, si è alzata, più forte dell’indice, dell’anulare e soprattutto del medio che la stava guidando. E, anche questa volta, ha puntato lì: su quel simbolo. Che, anche questa volta, s’è illuminato, s’è staccato dalla scheda e si è riunito con platonica sfericità alla sua matrice, quella stimmata socialdemocratica che mi porto nel fegato da quando babbo mi diceva che il sorriso di Craxi era finto perché non gli strizzava gli occhi mentre a Enrico gli faceva venire le fessure, e che c’era un terzo d’Italia che si riconosceva in quella roba lì e che se uno avesse fatto una tavolata tanto grande da contenere tutta quella gente, le risate e il tintinnio dei bicchieri si sarebbero sentiti fino su Marte. 
Ci vorranno tre o quattro generazioni di dalemiani per dimenticare il senso di giustezza e pulizia che ti dava il partito. Altro che catechismo: poterlo votare era un motivo di più per sbrigarsi a raggiungere i diciott’anni, e le prime elezioni erano tipo la prima comunione, la zia ti regalava il videoregistratore. Non importa in cosa si fosse trasformato il partito; non votavi lui, votavi tuo padre.  Il partito ce l’hai dentro. Ed è da lì che anno dopo anno ti scava come una vasca di gelato. 

venerdì 18 maggio 2012

Sole di mezzanotte

























Scoppietta come la plastica a bolle, ma non ti annoia mai. Ogni cosa che brucia ha un odore diverso. Per dire, i calzini di mio fratello puzzano anche quando sono in fiamme. All’inizio avevo paura, ma la verità è che non esiste fuoco che non possa essere domato, che non lasci a chi l'ha acceso il tempo di mettersi in sicurezza. Tu devi immaginarti la casa come un posacenere, e tutto quello che c’è dentro come il foglio di carta straccia che ci bruciavi qualche anno fa, quando tutto quello che facevi riscuoteva un applauso.

Dentro c’è l’inferno, ma intorno al posacenere non succede niente. Quindi si tratta solo di correre fuori. Hai nove anni, voglio dire: quando ti vedranno in giardino, col cuore a palla per l’eccitazione, come se bruciasse anche lui, penseranno che è la paura e ti stringeranno forte. Penseranno che sei terribilmente intelligente, che sei riuscita a salvarti da sola.

Ed è vero, sono molto intelligente. Vedo tutto, corro per tutta casa, non mi sfugge niente. Queste cose ce le ho in comune con la fiamma. L’acqua è tonta, lenta, è solo fango un po’ più puro. L’acqua sale e copre lentamente tutto, mica sceglie cosa colpire. La fiamma no: guizza, schiocca, slingua, svolta, improvvisa, inventa. L’acqua è Pippo a piedi, la fiamma è Macchia Nera sulla sua Bugatti. E’ un’appendice muscolare del mio sguardo. Ha una morsa leggera ed elegante; avvolge, perimetra, strozza, secca, sbriciola: come la spira di un pitone o la mano di un Gigante.

Tu devi pensare al domino. Finché una tessera cade dopo l’altra in realtà non è ancora successo niente d’importante. E’ quando una ne butta giù tre, in parallelo, e tre ne buttano giù cinque, che comincia lo spettacolo. E’ così che funziona una miccia. La miccia è l’innesco del domino. Devi farla più lunga della strada da percorrere per metterti al riparo, perché il fuoco è più veloce di te. Io l’ho fatta con l’alcol, per esempio. Ho portato il filo fino alla finestra di mio fratello. Ho ricaricato uno di quegli zippo di papà e ce l’ho buttato su. Poi sono saltata dalla finestra.

Davanti alle ceneri la mamma ripenserà alla settimana scorsa, quando l’ha visto che giocherellava con l’accendino e non gli ha detto niente. Io dico che penseranno che è stato lui. Così magari la prossima volta lo sgridano come hanno sgridato me per la storia di quel gatto noioso. E il bacio della buonanotte me lo prendo prima io: che sì, ho ancora paura del buio, ma sarei anche la maggiore.

La foto è stata originariamente postata su FB da Drzap.

martedì 27 marzo 2012

Bene, grazie.

Il termine Ipocondria viene dal greco ὑποχόνδρια, composto dal suffisso ὑπο, che significa “sotto”, e χόνδριος, che significa “Woody Allen”.
L’ipocondria viene psichiatricamente definita come un eccesso di preoccupazione per il proprio stato fisico. E il totale disinteresse verso quello mentale dei propri cari.
Secondo la terapia cognitivo-comportamentale, il ciclo dell’ipocondria si articola in quattro fasi proprie, che la distinguono dalle altre sindromi ossessivo-compulsive. Con le quali però condivide la quinta: il fallimento della terapia cognitivo-comportamentale.

Il ciclo dell’ipocondria 

Lieve raschio in gola. Accarezzamento della carotide. Cristo quant’è duro questo linfonodo. E’ duro che sembra quasi una carotide. 
Fase ossessiva. Organizzo i sintomi per cercare la diagnosi. Sono due giorni che mi prudono i piedi, parlo con voce strozzata e tratto gli estranei da mediocri rompicoglioni: è il linfoma di Nanni Moretti.
Google. Cazzo anche la sudorazione notturna.  Ho inzuppato la maglia di lana, la tuta ed entrambi i piumoni. E sarà passata almeno una settimana da ferragosto.
Per tirarmi su mi figuro il funerale. Le diapositive della  casa in Sardegna su “Dream a Little Dream of me”, le belle ragazze che piangono, il discorso di Cicchitto. Poi mi figuro anche il mio.
Fase compulsiva. Devo andare dal medico. Ne ho cambiati dieci negli ultimi sei mesi. La cosa era talmente stressante che ogni volta che li lasciavo avevo una allucinazione auditiva: il rumore di un tappo di champagne. L’otorino non mi ha trovato niente, nonostante abbia avuto la stessa allucinazione anche uscendo dal suo studio.
Comunque: nuovo medico. Sala d’attesa. Le sale d’attesa sono l’eldorado delle signore al di sotto di un certo tasso d’istruzione e al di sopra di un certo tasso di varici. Sono un mondo fatto per loro, a cominciare dalle riviste sul tavolo di tamburato. C’è “Padre Pio Weekly”, oggi con il punteruolo per bucarti le mani, “Peggiora il tuo Abruzzese”, con il CD di Maria Teresa Ruta che legge luoghi comuni sui Marchigiani, e “Coltiva i tuoi porri”, con l’esclusiva cavigliera-hula hoop firmata dalla Sora Lella.
Una signora accanto a me racconta che suo figlio è stato visitato in sogno da suo nonno morto, che gli ha detto di controllare un neo. Il dermatologo l’ha visto e gli ha salvato la vita, essendo quel neo un melanoma al tredicesimo stadio. “Quelli non li operi, ci fai una chiacchierata maschia e li convinci ad andarsene con le loro gambe”.
Comunque entro dal medico, mi tasta la gola, mi dice che quello che credevo fosse un linfoma in realtà è la mia carotide. Mi faccio guardare i nei con l’ultravioletto. I nei sono a posto, ma non riesce a flasharmi il codice a barre.
Stringo la mano al medico, che sorridendomi mi saluta: “E comunque veda che solo una piccola percentuale di melanomi si evidenzia da una mutazione del neo”. “Ah, gli altri da cosa si vedono?”. “Da niente, sono asintomatici”.

Il cancro asintomatico.

Il cancro asintomatico è il capo dei cattivi. Quello che quando entri nella stanza sta di spalle nella poltrona girevole. È Charlie cattivo, e questi sono i suoi tre demoni: Formicolio alle Mani, Fischio all’Orecchio e Trentasettemmezzo.
Nessuno li ha mai visti agire tutti insieme, ma nel giro degli ipocondriaci si narra di un certo Santuzzo che, colpito dalla combo maledetta, ha acceso il gas, messo la testa nel forno e si è sparato facendo saltare in aria la casa.
Il terrore del cancro asintomatico ti colpisce quando meno te l’aspetti, tipicamente davanti alla TV. Quello da melanoma quando non hai indovinato la Ghigliottina e ti concentri sull’incarnato di Carlo Conti. Quello da linfoma quando la Clerici alza l’ascella per votare il peperone verde.  Quello al cervello se ti svegli, accendi e c’è Gabriele La Porta che parla con un manichino della Standa chiamandolo “Socrate”.
Il terrore del cancro asintomatico passa solo appena ti viene un sintomo. Il sintomo preferito dall’ipocondriaco è il muco. Perché, in linea di massima - e il primo che si azzarda a confutarmela lo decapito e lo mando a Cleopatra - il muco vuol dire raffreddore, influenza o allergia: gli idoli erotici dell’ipocondriaco.
L’ipocondriaco non si libera mai del muco. Per lui è denaro. Una dose di muco è stimata intorno ai centocinquanta euro, perché appena te ne liberi e ti restano gli altri sintomi devi correre dallo specialista.
Così, durante l’inverno, le narici dell’ipocondriaco aumentano di volume fino a stuzzicare la fantasia di Lunardi. E la sua voce muta progressivamente nel sibilo di un’elettromola, sviluppando armonici che fanno confessare Il Prigioniero e accorrere i procioni. Per altro portatori di rabbia e leishmaniosi.
Finito l’inverno e superate le allergie primaverili, l’ipocondriaco viene liberato dall’estate, che lo trova magro, col pigiama a righe e un paio di pericolose opinioni sulla Palestina.
Qualche giorno dopo, al mare. Il corpo abbronzato e coperto di salsedine, la donna della sua vita accanto, la fresa con pomodoro rosa amalfitano, olio pugliese e origano fresco, l'ipocondriaco per la prima volta si sente felice, caldo e al sicuro. Ed è a quel punto che l'odore del pomodoro arriva al vespaio sull'ombrellone.   


giovedì 6 ottobre 2011

Jobs fu dato in adozione per decisione del padre, un politologo siriano. Specializzato nella valutazione dei profitti a lungo termine di ogni decisione.

La sorella naturale di Jobs è una scrittrice. Ironia della sorte, il suo “Io ahmo la mama” è il primo libro interamente scritto con un ipad.

Il giovane Jobs frequentò il college, seguendo corsi di calligrafia e dormendo sul pavimento dei suoi amici. Dalla prima esperienza derivò l’interfaccia grafica del macintosh, dalla seconda il tumore al pancreas.

Nel 1974 Steve cominciò a progettare videogiochi per la Atari. Collaborazione interrotta dopo che l’azienda preferì “Pong” al suo “Grand theft auto”.

Con i soldi guadagnati alla Atari, Jobs partì per l’India e sperimentò l’lsd, definendo il trip “Unico e irripetibile”. Da quel viaggio nacque una società chiamata come quella che i Beatles fondarono di ritorno dall’India e dall’lsd.

Jobs fondò Apple nel 1976, con Steve Wozniak e Ronald Wayne. Che più tardi fondarono un gruppetto con Pete Best e Mariotto Segni.

Nel 1983 Jobs avvicinò John Sculley, all’epoca CEO di Pepsi Cola: “Vuoi vendere acqua zuccherata per tutta la vita?”. Sculley accettò la proposta: i computer fanno ingrassare di più.

Solo due anni più tardi, lo stesso Sculley licenziò Jobs per divergenze sulla gestione dell’azienda.  Memore della sua esperienza in pepsi, Sculley voleva riprodurre la ricetta segreta del DOS.

(che fu poi trovata. Da cui il macintosh LC)

Nei dieci anni successivi, Steve avviò NeXT e la Pixar. La prima introdusse la grafica nel web, la seconda la ridicolizzò.

Nel 1996 Jobs rivendette NeXT a Apple, incassando 429 milioni di dollari e tornando ad essere, di fatto, il CEO dell’azienda da cui era stato licenziato dieci anni prima. I dipendenti, per liberarsi dall’imbarazzo, lo accolsero con un originale saluto che si chiama Esplosione di Jobs (lit. eng.).

Nel frattempo Sculley fu indicato da Condé Nast come il 14esimo peggior CEO di tutti i tempi. Eppure è difficile dimenticare le sue visionarie predizioni: “Entro il 2007 i Russi atterreranno su Marte” o “Siamo nel 1990, e sta nascendo una cosa che farà dell’informatica qualcosa di completamente diverso da quello che conosciamo ora: il cd-rom”.

Col ritorno di Jobs a Apple inizia una delle più avvincenti sfide della storia dell’informatica. Quella tra MacOs e Linux.

Agli inizi del nuovo millennio Steve capì che il mercato aveva bisogno di un’invenzione che allontanasse gli appassionati di computer dalle loro scrivanie, senza fargliene sentire la nostalgia. Fu così che nacque il Mac Mini.

Ma era solo l’inizio, perché Jobs era pronto a sviluppare quello per cui tutti l’avrebbero sempre ricordato.
Con l’iphone posso sentire musica; scattare, girare ed editare filmati e fotografie per poi condividerli sui social network; giocare ad angry birds; spedire mail ed sms; leggere libri; consultare le previsioni del tempo; perfino orientarmi con la bussola. Oh, se vi sembra che abbia dimenticato qualcosa, telefonatemi al fisso.

L’invenzione dell’iphone portò in breve a quella dell’ipad. Leggenda vuole che Steve stesse navigando nella sua casa di Cupertino quando vide questa foto.

Ad Agosto Steve annunciò a sorpresa l’abbandono di Apple per dedicarsi a tempo pieno alla battaglia più difficile che avesse mai dovuto combattere. Angry Birds Season.

Ora Steve non c’è più, ma siamo tutti certi che Apple continuerà a onorarne il ricordo, sfornando prodotti che coniughino l’innovatività del design con quella semantica e dell’interfaccia. Un po’ come l’iPhone 4s.